C’è un pressante bisogno della gente di sentire e vedere fatti positivi e non essere sommersi dal quotidiano che porta, al contrario, vicende spesso raccapriccianti, vicende di dolore e di abusi che cancellano d’un sol colpo la gioia di vivere. Ecco perché tanta attenzione è stata data dai mass media all’operazione di recupero della nave da crociera “Costa Concordia” incagliatasi nelle rocce dell’isola del Giglio nel naufragio del 13 gennaio dello scorso anno. In quella fatidica sera la nave, quella di più grosso tonnellaggio mai naufragata – stazza lorda, 114 137 tonnellate, lunghezza, 290,20 metri 35,5 metri di larghezza, 4 229 persone a bordo, navigava con 3.216 passeggeri e 1.013 componenti l’equipaggio – stava effettuando una crociera nel Mediterraneo con partenza da Civitavecchia e scali previsti a Savona, Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo, quando ha urtato alle 21 e 42 il più piccolo degli scogli de Le Scole, situato a circa 500 metri dal porto dell’Isola del Giglio. Il recupero del relitto è stato seguito dai mass media di tutto il mondo, quasi dimenticata la tragica notte del disastro, quasi dimenticate le trenta vittime e i due dispersi. Si accende anche il “mistero” su una scritta trovata nella parte sommersa della nave, “kit kat big dawg” perché non si capisce cosa voglia dire, né possa esserne stato l’artefice.
Insomma, tutti gli ingredienti per fare “scalpore” la “Costa Concordia” li ha forniti a piene mani, e dunque sono stati scaricati dall’attenzione la crisi sotterranea e contemporaneamente appariscente del Governo Letta, i gas nervini di Assad, la stessa sparatoria a Washington dove un presunto folle ha fatto fuori dodici persone. Lo spettacolo fa sempre spettacolo.
Anche se domani, mercoledì, potrà essere il “giorno della verità” per Berlusconi; anche se chi di dovere conosce i nomi dei senatori che tradiranno il leader del PDL-Forza Italia, c’è poca audience per il “finale di partita”: gli italiani pensano ad altro, e guardano il possibile crollo del Governo Letta solo per gli ulteriori guai che gli possono piovere addosso. La commedia del “cambio di casacca” è un rituale così “consueto” che non impressiona più nessuno, non desta sorpresa. Può darsi che resti soltanto la “curiosità” per i nomi in trasferimento da una sponda all’altra.
Il “Caso Siria”? Il rapporto degli ispettori Onu consegnato nelle mani del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon sostiene che il 21 agosto nell’attacco a Damasco sono state usate armi chimiche su larga scala contro civili, tra cui bambini“. Nel dossier si sostiene, tra l’altro, che ci sono “segni di colpevolezza” evidenti tra cui la traiettoria dei missili terra-terra usati e il largo uso di gas, all’incirca 350 litri. Ban Ki-moon, però, afferma che il rapporto non indica chi ha usato armi chimiche, e ciò poiché il team di Ake Sellstrom ha determinato che sono state utilizzate armi chimiche. Il loro mandato era determinare se tali armi erano state usate, non da chi.
Che armi chimiche fossero state usate questo è stato noto prima ancora che la Commissione dell’ONU effettuasse i suoi sopralluoghi a Damasco, il dubbio su chi abbia usato queste armi di distruzione di massa non può essere sciolto facilmente. Facilmente, in ogni modo, si potrebbe conosce “chi” ha fornito il gas ad Assad, e quale industria produce il gas: altrettanti crimini contro l’umanità sono da attribuire a costoro. Forse a nessuno (di chi conta) conviene saperlo. Così è, se vi pare…